Con l’ordinanza n. 15303 del 05.06.2019, la VI sezione civile della Corte di Cassazione, pronunciandosi sulla richiesta avanzata da un legale volta ad ottenere i compensi maturati per l’attività espletata in due gradi di giudizio, ha accolto l’eccezione di prescrizione presuntiva sollevata dalla convenuta, negando che la sollevata eccezione implicasse il riconoscimento del debito.
Si è quindi specificato che l’eccezione della prescrizione presuntiva non implica il riconoscimento del debito, in quanto il disposto dell’art. 2959 c.c. deve intendersi nel senso che l’ammissione del fatto comporta il rigetto dell’eccezione, ma non, al contrario, che l’aver sollevato l’eccezione di prescrizione determini l’ammissione del fatto costitutivo del debito.
Il caso sottoposto all’attenzione della Cassazione prende avvio da una domanda di un professionista volta ad ottenere il pagamento dei compensi maturati, nei confronti di una cliente, per le attività espletate nei due gradi di un giudizio civile; la cliente, costituendosi in giudizio, dichiarava di non aver ricevuto nessuna missiva e/o raccomandata interruttiva della prescrizione e, pertanto, eccepiva l’intervenuta prescrizione del credito professionale.
Il Tribunale di Bologna, adito ai sensi dell’art. 702 c.p.c., respingeva la domanda di pagamento avanzata dal legale, accogliendo l’eccezione di prescrizione presuntiva sollevata dalla convenuta.
Il legale, ricorrendo in Cassazione, censurava la decisione impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art. 2959 c.c. e art. 115 c.p.c. dolendosi dell’accoglimento dell’eccezione di prescrizione presuntiva.
A suo dire, l’eccezione di prescrizione andava disattesa in quanto la controparte, nell’affermare di non aver ricevuto le raccomandate, non aveva contestato – neppure implicitamente – il contenuto ammettendo implicitamente la fondatezza della pretesa creditoria fatta valere; sulla base di tanto, si deduceva che l’assenza di contestazione sulle allegazioni del creditore provava indirettamente la fondatezza delle pretese e andava considerata come ammissione implicita dell’esistenza del credito. In conclusione, il legale evidenziava che l’assenza di contestazione doveva prevalere sulla presunzione di avvenuto pagamento, anche perché la convenuta non aveva mai dichiarato di non aver estinto l’obbligazione.
La Cassazione non condividendo le doglianze del ricorrente, ha specificato che la prescrizione presuntiva si fonda non sull’inerzia del creditore e sul decorso del tempo – come accade, invece, nella prescrizione ordinaria – ma sulla presunzione che, in considerazione della natura dell’obbligazione e degli usi, il pagamento sia avvenuto nel termine previsto.
Conseguentemente l’art. 2959 c.c. stabilisce che l’eccezione di prescrizione deve essere rigettata qualora il debitore ammette di non avere pagato; su tale scia, la giurisprudenza è unanime nel ritenere che l’eccezione di prescrizione presuntiva è incompatibile con qualsiasi comportamento del debitore che importi, anche implicitamente, l’ammissione in giudizio che l’obbligazione non è stata estinta: tale situazione ricorre anche nel caso in cui il debitore neghi l’esistenza del credito oggetto della domanda ovvero eccepisca che il credito non sia sorto, comportando detta contestazione l’implicita ammissione che l’obbligazione non è stata estinta in quanto non è avvenuto nessun pagamento.
Tuttavia, diverso è il caso di eccezione della prescrizione: siffatta evenienza, infatti, non implica il riconoscimento del debito, in quanto il disposto dell’art. 2959 c.c. deve intendersi nel senso che l’ammissione del fatto comporta il rigetto dell’eccezione, ma non, al contrario, che l’aver sollevato l’eccezione di prescrizione determini l’ammissione del fatto costitutivo del debito.
Sul punto, la Corte di Cassazione ha specificato che la convenuta, avendo sollevato l’eccezione di prescrizione, non aveva ammesso il fatto costitutivo del debito, in quanto il richiamo alle missive era stato operato dalla cliente al solo fine di escludere l’idoneità ad interrompere la prescrizione, senza prendere posizione né entrare nel merito del loro contenuto.
Ne deriva che la sentenza impugnata, nel ritenere fondata l’eccezione di prescrizione presuntiva, si è attenuta al principio secondo cui l’eccezione di prescrizione non determina l’ammissione del fatto costitutivo del debito e quindi non equivale a riconoscimento del debito, posto che la convenuta aveva formulato l’eccezione di prescrizione senza entrare nel merito e senza ammettere che l’obbligazione non era stata estinta.
In conclusione la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità e dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.